PBA SOSTIENE LA MOSTRA "DOROTHEA LANGE. L’ALTRA AMERICA"

Dal 27 ottobre al 4 febbraio 2024 al Museo Civico di Bassano del Grappa - Vicenza

Siamo quelli che aprono le porte delle università, dei negozi, degli ospedali, degli edifici che da luoghi sono diventati icone. Siamo quelli che anche una maniglia dice chi siamo quindi, facciamola al meglio, quelli che la sostenibilità è coerenza che si mostra nel lungo periodo, quindi, prestiamo attenzione adesso. Siamo quelli che fanno squadra con i migliori e che hanno le donne al comando. Quelli che rendono bella la funzione di un punto d’appoggio in una stanza da bagno, di un’impugnatura di un cassetto. Quelli che il design è per tutti perché non è per nessuno in particolare. Forti come l’acciaio e sempre in cambiamento come il rame. Siamo quelli che vi fanno entrare, uscire, andare, rimanere e ritornare. Quelli del fare mai tanto per fare, sempre mossi dall’ambizione di creare oggetti belli e buoni per ognuno e per tutti. 

Siamo quelli che si interrogano sul senso che c’è dentro al creare. Perché immaginare, sviluppare e produrre, portare nel mondo una forma che non c’era è, soprattutto, un atto di responsabilità degno di essere profondamente pensato. È questo voler mettere a fuoco l’essenziale prima di agire che ci fa sentire in sintonia con Dorothea Lange. La fotografa che ha detto “la macchina fotografica è uno strumento che insegna alle persone come vedere senza la macchina” molto assomiglia a noi, ai nostri rimandi a un orizzonte più largo, al nostro guardare all’etica dell’impresa con la certezza che sia lo strumento con cui rendere il mondo un posto migliore per tutti.

     

Dal 27 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024 i Musei Civici di Bassano del Grappa, in collaborazione con CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia di Torino, presentano al pubblico l’opera di Dorothea Lange (1895 –1965), celeberrima fotografa statunitense, co-fondatrice nel 1952 di Aperture, la più autorevole rivista fotografica al mondo e prima donna fotografa cui il MoMa dedicò una retrospettiva nel 1965,proprio pochi mesi prima della sua scomparsa.

Photographer of the people, la fotografa della gente. Così Dorothea Lange si presentava nel suo biglietto da visita. Perché lei, borghese del New Jersey, aveva scelto di non fotografare i divi o i grandi protagonisti del suo tempo, per concentrarsi invece sugli “ultimi” di un’America che stava affondando nella Grande Depressione. Lo sguardo con cui Lange coglie questa umanità dimenticata non è pietistico bensì profondamente “inclusivo”. Le sue immagini dimostrano infatti comprensione, sensibilità, partecipazione e immensa umanità, unite ad una capacità di lettura del contesto sociale rafforzata dal rapporto sentimentale e professionale con il marito, l’economista Paul Taylor.




Gli esordi la vedono a New York con Clarence White e Arnold Genthe. Nel 1918 parte per una spedizione fotografica in giro per il mondo, viaggio che si conclude prematuramente per mancanza di denaro a San Francisco, dove apre un proprio studio. Dopo avere operato per una decina di anni nel campo della ritrattistica professionale, abbracciando uno stile pittorialista, aderisce nei primi anni Trenta all’estetica della straight photography (fotografia diretta) per farsi madrina di una poetica della realtà e testimone della condizione dei più deboli ed emarginati: dai disoccupati e i senzatetto della California fino ai braccianti costretti a migrare di paese in paese alla ricerca di campi ancora coltivabili.

I drammatici accadimenti che segnano gli anni della Grande Depressione la portano a contatto con il grande progetto sociale e fotografico della “Farm Security Administration”, di cui diviene la rappresentante di punta. Nella seconda metà degli anni Trenta fotografa dunque la tragedia dell’America rurale colpita da una durissima siccità, realizzando alcune delle sue immagini insieme più drammatiche e più celebri: in questo contesto nasce infatti Migrant Mother, un’icona con cui Lange scrive una pagina indelebile della storia della fotografia imponendosi quale pioniera della documentazione sociale americana. Tuttavia, soffermandosi su quelle immagini potentemente evocative ci si accorge che vi è qualcosa di più. È lo sguardo di un’artista colta e raffinata che riesce a narrare temi e soggetti di grande drammaticità quali la crisi climatica, le migrazioni, le discriminazioni con una forza, un’incisività e una modernità sorprendenti. Nonostante ci separino diversi decenni da queste immagini, i temi trattati da Lange sono di assoluta attualità e forniscono spunti di riflessione e occasioni di dibattito sul nostro presente.








Siamo quelli che aprono le porte delle università, dei negozi, degli ospedali, degli edifici che da luoghi sono diventati icone. Siamo quelli che anche una maniglia dice chi siamo quindi, facciamola al meglio, quelli che la sostenibilità è coerenza che si mostra nel lungo periodo, quindi, prestiamo attenzione adesso. Siamo quelli che fanno squadra con i migliori e che hanno le donne al comando. Quelli che rendono bella la funzione di un punto d’appoggio in una stanza da bagno, di un’impugnatura di un cassetto. Quelli che il design è per tutti perché non è per nessuno in particolare. Forti come l’acciaio e sempre in cambiamento come il rame. Siamo quelli che vi fanno entrare, uscire, andare, rimanere e ritornare. Quelli del fare mai tanto per fare, sempre mossi dall’ambizione di creare oggetti belli e buoni per ognuno e per tutti. 

Siamo quelli che si interrogano sul senso che c’è dentro al creare. Perché immaginare, sviluppare e produrre, portare nel mondo una forma che non c’era è, soprattutto, un atto di responsabilità degno di essere profondamente pensato. È questo voler mettere a fuoco l’essenziale prima di agire che ci fa sentire in sintonia con Dorothea Lange. La fotografa che ha detto “la macchina fotografica è uno strumento che insegna alle persone come vedere senza la macchina” molto assomiglia a noi, ai nostri rimandi a un orizzonte più largo, al nostro guardare all’etica dell’impresa con la certezza che sia lo strumento con cui rendere il mondo un posto migliore per tutti.

     

Dal 27 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024 i Musei Civici di Bassano del Grappa, in collaborazione con CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia di Torino, presentano al pubblico l’opera di Dorothea Lange (1895 –1965), celeberrima fotografa statunitense, co-fondatrice nel 1952 di Aperture, la più autorevole rivista fotografica al mondo e prima donna fotografa cui il MoMa dedicò una retrospettiva nel 1965,proprio pochi mesi prima della sua scomparsa.

Photographer of the people, la fotografa della gente. Così Dorothea Lange si presentava nel suo biglietto da visita. Perché lei, borghese del New Jersey, aveva scelto di non fotografare i divi o i grandi protagonisti del suo tempo, per concentrarsi invece sugli “ultimi” di un’America che stava affondando nella Grande Depressione. Lo sguardo con cui Lange coglie questa umanità dimenticata non è pietistico bensì profondamente “inclusivo”. Le sue immagini dimostrano infatti comprensione, sensibilità, partecipazione e immensa umanità, unite ad una capacità di lettura del contesto sociale rafforzata dal rapporto sentimentale e professionale con il marito, l’economista Paul Taylor.




Gli esordi la vedono a New York con Clarence White e Arnold Genthe. Nel 1918 parte per una spedizione fotografica in giro per il mondo, viaggio che si conclude prematuramente per mancanza di denaro a San Francisco, dove apre un proprio studio. Dopo avere operato per una decina di anni nel campo della ritrattistica professionale, abbracciando uno stile pittorialista, aderisce nei primi anni Trenta all’estetica della straight photography (fotografia diretta) per farsi madrina di una poetica della realtà e testimone della condizione dei più deboli ed emarginati: dai disoccupati e i senzatetto della California fino ai braccianti costretti a migrare di paese in paese alla ricerca di campi ancora coltivabili.

I drammatici accadimenti che segnano gli anni della Grande Depressione la portano a contatto con il grande progetto sociale e fotografico della “Farm Security Administration”, di cui diviene la rappresentante di punta. Nella seconda metà degli anni Trenta fotografa dunque la tragedia dell’America rurale colpita da una durissima siccità, realizzando alcune delle sue immagini insieme più drammatiche e più celebri: in questo contesto nasce infatti Migrant Mother, un’icona con cui Lange scrive una pagina indelebile della storia della fotografia imponendosi quale pioniera della documentazione sociale americana. Tuttavia, soffermandosi su quelle immagini potentemente evocative ci si accorge che vi è qualcosa di più. È lo sguardo di un’artista colta e raffinata che riesce a narrare temi e soggetti di grande drammaticità quali la crisi climatica, le migrazioni, le discriminazioni con una forza, un’incisività e una modernità sorprendenti. Nonostante ci separino diversi decenni da queste immagini, i temi trattati da Lange sono di assoluta attualità e forniscono spunti di riflessione e occasioni di dibattito sul nostro presente.